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L’insula francescana di San Lorenzo Maggiore si estende su un’area compresa tra piazza San Gaetano, via dei Tribunali, vico dei Maiorani e via San Gregorio Armeno.
In epoca greco-romana il sito costituiva il cuore della città, sede prima dell’agorà e poi del foro e del “macellum” (il mercato alimentare).
Alla fine del V secolo d.C. un’imponente alluvione e la colata di fango che ne derivò mutarono bruscamente la fisionomia del luogo e la sua futura destinazione d’uso, determinandone prima il progressivo abbandono, poi l’utilizzazione a scopi religiosi.
Nel corso del VI secolo d.C. il vescovo napoletano Giovanni II fece edificare nel sito una basilica paleocristiana intitolata al protomartire San Lorenzo, intorno alla quale durante i secoli VII-XIII si sviluppò una serie di piccoli edifici di non ben definita funzione.
Nel 1234 il vescovo di Aversa Giovanni, al quale nel frattempo era passata la proprietà del complesso, ne fece dono ai frati minori conventuali; la donazione fu confermata ufficialmente con una bolla di papa Gregorio IX del 19 gennaio 1235.
Tra il 1270 e il 1275 Carlo I d’Angiò decise di far abbattere la vecchia basilica del VI secolo per costruire al suo posto un edificio più grande e prestigioso da affidare all’Ordine francescano; la vicenda edificatoria della chiesa (una delle più importanti chiese francescane d’Italia) e del convento fu lunga e complessa.
Dopo l’unità d’Italia e la soppressione degli ordini religiosi i minori conventuali furono espulsi da San Lorenzo; vi tornarono solo nel 1937, riprendendo possesso della chiesa e di una ristretta porzione di convento. I locali sottratti all’uso dei frati sono oggi di proprietà comunale.
Il complesso di San Lorenzo Maggiore è un luogo di grande valore simbolico per la storia della città e del Regno di Napoli. Qui, per quasi cinque secoli, si riunirono il Tribunale di San Lorenzo e le Deputazioni cittadine; qui, dal 1442 al 1642, si tennero le riunioni del Parlamento generale del Regno; qui Alfonso d’Aragona, il 2 marzo 1443, riconobbe come suo successore il figlio naturale Ferrante; qui il generale francese Championnet insediò i governanti dell’effimera Repubblica giacobina.
A ricordo della funzione di sede degli organismi politico-amministrativi della città svolta per secoli dall’edificio, nel 1879 furono collocati sulla sua facciata esterna gli stemmi in terracotta degli antichi seggi napoletani e lo stemma del Comune di Napoli, tuttora visibili nella zona adiacente al campanile.
Oltrepassato il portale quattrocentesco, attraverso il quale si accede alla zona del convento, si entra in un androne e da qui nel chiostro settecentesco; dall’angolo sud-ovest del chiostro si accede ai locali dell’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova.
L’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova, fondata nel 1623 e inizialmente composta da avvocati, era solita riunirsi nella chiesa di San Lorenzo, in una delle cappelle retrostanti l’altare. Verso la metà del XVII secolo i frati minori conventuali le concessero l’uso esclusivo di questo luogo, antico refettorio dei religiosi. Lo statuto dell’Arciconfraternita - approvato nel 1640 dal viceré Filippo di Gusman, duca di Medina, e più volte successivamente modificato - prevedeva che i confratelli svolgessero attività connesse al culto, al mutuo soccorso, alle esequie e alla sepoltura dei defunti.
Il dipinto seicentesco che si conserva sull’altare dell’Arciconfraternita - attribuito a Filippo Vitale e Pacecco De Rosa – raffigura la Gloria di Sant’Antonio da Padova, a quell’epoca protettore della città e oggetto di particolare devozione da parte del popolo napoletano.
Fiorella Amato
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