L'Archivio Miccinelli-Cera

L’archivio appartenuto alla famiglia napoletana Miccinelli-Cera conserva manoscritti e reperti unici sulla cultura e sulla lingua del popolo quechua.

I documenti, donati al maggiore Riccardo Cera dal duca Amedeo di Savoia-Aosta tra il 1927 e il 1930, sono rilegati in due volumi intitolati Historia et Rudimenta Lingua Piruanorum e Exsul Immeritus.

L’Historia et Rudimenta Linguae Piruanorum, costituito da due manoscritti, fu donato nel 1745 a Raimondo di Sangro dal gesuita cileno Pedro de Illanes, che li aveva ricevuti da un anziano inca in punto di morte.

Il principe di Sansevero si ispirò all’opera andina per scrivere la Lettera Apologetica (1750), in cui tenta una trascrizione dei nodi peruviani, scatenando accese contestazioni clericali.

Anni dopo, nel 1927, il volume fu per caso acquistato a Napoli, in un negozio di abiti usati, dal duca Amedeo di Savoia-Aosta.

Il secondo manoscritto dell’Historia, in linguaggio cifrato, scritto dal gesuita napoletano Juan Anello Oliva nel 1637-38, descrive la vita e le gesta di Blas Valera, conoscitore e difensore della cultura incaica e la lingua quechua, includendo disegni esplicativi e un autentico quipu.

Il frammento di quipu – del tipo parlante – è un reperto in lana, costituito da una cordella composta di nodi e simboli, unico di questo tipo pervenuto ai giorni nostri, riporta i versi di una canzone andina tradizionale.

L’Exsul Immeritus Blas Valera Populo Suo, il secondo volume conservato nell’archivio Miccinelli-Cera, è un autografo scritto nel 1618 del gesuita Blas Valera in latino e quechua, arricchito da disegni.

L’opera, giunta per via ereditaria al duca di Savoia-Aosta, fu donata a Riccardo Cera.

Nell’Exsul l’autore parla della sua vita, della cultura andina e delle crudeltà commesse da condottieri e religiosi europei.

Grande spazio è dedicato al sistema di trasmissione di informazioni tramite nodi e cordelle del quipu.

Ascolta l’intervista a Clara Miccinelli, nipote di Riccardo Cera e studiosa di Raimondo di Sangro, realizzata a Napoli nel 2001 da Montserrat Soto, in occasione del progetto multimediale Archivio de Archivos.