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La Soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania dal 2017 ha sede al piano nobile dello storico Palazzo Diomede Carafa, importante edificio del centro antico di Napoli, testimonianza del passaggio da un’architettura legata ancora al gusto gotico a linee prettamente rinascimentali.
Il palazzo, la cui costruzione si fa risalire al XIII secolo, fu significativamente ristrutturato per volontà del conte Diomede Carafa di Maddaloni, soldato valoroso, abile politico e insigne letterato, a partire dalla metà del XV secolo.
All’apice della sua carriera, il conte ampliò ed abbellì il duecentesco fabbricato, adornandolo con numerose statue e reperti di epoca greco-romana.
Di questi ornamenti antichi oggi persistono alcuni fregi lungo lo scalone e lo stemma nobiliare posizionato sulla parete di fondo, sotto il quale è visibile un lacerto di un affresco in una nicchia.
Nel cortile fu collocata una scultura di grandi dimensioni raffigurante una testa di cavallo, attribuita a Donatello, successivamente donata – agli inizi del XIX secolo – dai nuovi proprietari, i Carafa di Columbrano, al Museo Nazionale di Napoli, dove tutt’oggi è visibile, e sostituita da una copia in terracotta.
Alla morte di Diomede Carafa, il Palazzo passò al figlio Giovan Tommaso che seguì le orme paterne combattendo contro i turchi e i francesi di Carlo VIII, e successivamente al figlio, Diomede.
Morto senza eredi il figlio di quest’ultimo, il Palazzo passò al ramo dei Carafa di Columbrano e, precisamente, a don Francesco, sposato con la duchessa Faustina Pignatelli di Tolve, che ristrutturò l’edificio riportandolo ai vecchi splendori.
In particolare la duchessa Faustina, allieva dell’insigne matematico Nicola Di Marmo, diede nuovo impulso al cenacolo letterario-scientifico che vi aveva avuto luogo dai tempi del fondatore Diomede.
Dopo la morte della duchessa, avvenuta nel 1785, il Palazzo ebbe un periodo di decadenza.
Nel 1815, acquistato dalla famiglia Santangelo, venne adibito a museo ad opera dell’avvocato e appassionato collezionista Francesco Santangelo e, in particolare, nel salone nobile venne allestita una pinacoteca.
In seguito, le collezioni d’arte furono trasferite in altre proprietà della famiglia o vendute, e il palazzo destinato ad uso prevalentemente abitativo.
L’appartamento al piano nobile fu successivamente acquistato dal Demanio e, nel 1991, concesso in uso governativo alla Soprintendenza Archivistica.
Bibliografia e sitografia:
– Vittorio Gleijeses, Chiese e Palazzi della Città di Napoli, Edizioni Del Giglio,Napoli 1981 pp.172-176
– Italo Ferraro, Napoli Atlante della Città Storica, quartieri Bassi e il “Risanamento”, vol 2°, Clean Edizioni, Napoli, 2003 pp.103-105